sabato 3 aprile 2010

Gli attacchi al Papa sulla pedofilia: il commento di Gianpietro Olivetto


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questo commento di Gianpietro Olivetto, giornalista di Rai Gr Parlamento.
R.

Gli attacchi al Papa sulla pedofilia

Gianpietro Olivetto

"Oportet ut scandala eveniant"; "E’ buona casa che avvengano gli scandali", dice il Vangelo. Che, in altro passo, ammonisce: "Chi darà scandalo anche a uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio che gli si legasse al collo una macina di pietra e fosse gettato negli abissi del mare". Se dunque a scandalizzare i piccoli è un prete, il fatto è ancor più grave e terribile. Giusto allora che si parli, senza imbarazzo o vergogna della pedofilia nel clero cattolico. Ma questa tragedia non può, in maniera strumentale e pregiudiziale, esser presa a pretesto per attaccare indistintamente tutti i preti, il Papa e la Chiesa cattolica. Il che è quanto succede da qualche tempo. Da alcune settimane si mistificano i fatti attorno a vecchi casi, pur di trascinare nel fango Benedetto XVI e un'istituzione, da alcuni, forse, ritenuta anacronistica.
Non è vero, ad esempio, che Roma insabbiò il procedimento a carico dell'americano padre Murphy o di altri sacerdoti statunitensi e tedeschi. Nel caso di Murphy, solo i vertici della Chiesa americana insistettero a indagare su fatti che erano stati, viceversa, archiviati dalla giustizia civile.
Un tempo, indubbiamente, ci furono, in molti casi, silenzi e coperture. Ci sono stati e si registrano ancora, purtroppo, scandali e abusi (fortunatamente ad opera di un'esigua minoranza). Ma c'è anche – e lo si dovrebbe ricordare - la ferma e coraggiosa condanna di questo Papa e del suo predecessore. Ci sono, da parte della Chiesa, la ricerca della verità, il tentativo di porre termine agli insabbiamenti. C'è, al contrario, una sorta di accanimento di media e organizzazioni internazionali, che rilanciano, come un mantra, accuse di compromissione non vere, forse confidando che una bugia ripetuta mille volte, diventi – lo amava dire Goebbels - verità.
La realtà delle cifre invece è questa: negli ultimi 50 anni i casi di presunta pedofilia nel clero cattolico, giunti all'attenzione della Santa Sede, sono stati poco più di 3000 nel mondo, 300 dei quali acclarati e finiti con una condanna da parte della giustizia civile e quasi tutti con l'allontanamento e la riduzione allo stato laicale dei preti coinvolti. 300 casi accertati, a fronte di un "esercito" di sacerdoti e missionari composto da più di 410 mila persone. Le mele marce dunque, sono, sul totale, una percentuale decisamente irrisoria. Si consideri inoltre che, in aggiunta a preti e vescovi, vi sono nel mondo altre 4 milioni di persone (tra missionari laici, diaconi, catechisti, religiosi non sacerdoti e religiose) impegnate nell’evangelizzazione, nella difesa dei diritti umani, nell’aiuto al prossimo e nello sviluppo delle realtà locali.
La pedofilia è un fenomeno trasversale, è un dramma presente nelle famiglie e in ogni categoria professionale. In Olanda si è persino tentato di dare forma partitica ad un movimento che la giustifica. Eppure sembra, di questi tempi, che solo i preti siano pedofili. Eppure non s'è mai sentito che per un insegnante pedofilo, si chiedano le dimissioni del ministro della pubblica istruzione.
Nel 2001 Papa Wojtyla affidò alla congregazione della dottrina della fede, di cui era responsabile il cardinale Ratzinger, la competenza sugli abusi sessuali. Da allora, e poi da Papa, Ratzinger ha denunciato i preti pedofili, condannando le reticenze del passato e prendendo le distanze da qualsiasi abuso. Ha chiesto scusa più volte. Ha incontrato, in giro per il mondo, le vittime delle molestie. E' intervenuto sulle conferenze episcopali. Ha scritto - nelle scorse settimane - una lettera ai cattolici d'Irlanda, in cui vi sono una condanna inappellabile, l'applicazione intransigente del principio di trasparenza, l'invito esplicito e segnalare all'autorità giudiziaria anche i casi sospetti.
Se quindi è più che giusto far emergere la vergogna dei casi di pedofilia tra i religiosi, non è altrettanto giusto o corretto, evitare le distinzioni, generalizzare, criminalizzare un'intera categoria e un'istituzione bimillenaria come la Chiesa cattolica, che in oltre venti secoli di storia ha prodotto certamente più bene che male (altrimenti non sarebbe sopravvissuta alle colpe e agli errori di tanti suoi uomini).
Non è corretto alimentare stereotipi, far diventare collettive, colpe e responsabilità che rimangono personali. Perchè viene accuratamente nascosta l'entità della diffusione del fenomeno nel clero? Perchè non si dà analogo spazio alla difesa o alle smentite? Perchè non accennare anche alle lobby legali che prosperano, ad esempio, negli Stati Uniti, dove si fa causa su tutto e dove vige un fiorente sistema, per cui intanto si accusa, richiamando episodi di venti o trent'anni prima, nella speranza di incassare qualche risarcimento, se non di veder condannato l'accusato? Perché non si parla del lavoro della stragrande maggioranza dei preti e dei religiosi, di quella Chiesa impegnata nel sociale che nel mondo gestisce quasi 120 mila strutture di assistenza socio-sanitaria (tra cui 5.300 ospedali)? Perché nelle cronache non compaiono quasi mai i preti di periferia, i sacerdoti antimafia o anticamorra o i missionari uccisi in servizio (una quarantina solo nel 2009)? Perchè non si ricordano quei "pretacci" di cui ha magistralmente scritto Candido Cannavò (e solo lui)? Perchè non compare mai il lavoro dei tanti, tantissimi testimoni silenziosi della rivoluzione evangelica, di quanti continuano a servire gli altri credendo nell'"uomo che cambiò il mondo"? (così Augias pubblicizza il suo libro su Gesù).
Le cattive notizie - specie se riguardanti la Chiesa - scacciano, naturalmente, le buone; sono oltremodo gradite ad alcuni media, sempre pronti ad aprire poi, su queste notizie o su frasi, magari estrapolate dal contesto, lo “sfogatoio” dei commenti dei lettori. Ma la sproporzione tra le accuse mosse al Papa e la realtà dei fatti (molti dei quali vecchi, alcuni dubbi) è troppa, per non vedere la volontà di addossare alla Chiesa ogni colpa. E' paradossale, ma è così. Giovanni Paolo II era coccolato dai media, piaceva alla società dell'immagine e dei gesti, funzionava alla perfezione. Benedetto XVI è molto meno simpatico, è un uomo di dottrina, parola che non piace ai contemporanei. Dunque va attaccato.

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